Pomi d’Oro


Il clima caldo di metà estate darebbe come ispirazione solo il mare, per parlare di profumi, ma in una giornata qualsiasi sono stata rapita da un profumo antico che per me significa estate tanto quanto il mare: quello del pomodoro.
Adorato da me fin da bambina, appena ho potuto assaggiarlo non l’ho mai più lasciato e mai nessun altro frutto potrà mai sostituirlo.
Ma il profumo del pomodoro che mi ha portata indietro di almeno 15 anni è quello di una sua lavorazione che solo in estate si fa: il pomodoro seccato al sole!! 
Prima di tutto perché il pomodoro, quello vero,  è solo estivo, e poi perché serve il sole di luglio per farlo asciugare bene.
Ma voglio soffermarmi sul suo profumo e cosa ha portato a galla in un istante, oltre al sorriso.

Improvvisamente bambina, nella stessa casa estiva di oggi, ma con colori diversi, più sbiaditi, una luce rossa, mia nonna  materna dietro casa che girava i pomodori, quelli lunghi,  su un vassoio di cartone. Io volevo toccarli ma non era concesso.. potevo solo annusarli. E il loro odore riempiva l’aria umida delle giornate afose di fine luglio, ieri come oggi, la caricava di sale, di un odore rosso, caldissimo, agrodolce. Mi attiravano tantissimo, l’odore riempiva le narici, ma non avrei mai potuto pensare di mangiare una cosa che emanasse quell’odore. Erano belli solo da vedere, ma ai miei occhi di bambina non apparivano commestibili.
Questo odore oggi è sicuramente il profumo del ricordo di mia nonna Olga, lo è più di un profumo chypre (ne riparlerò!), più di un rossetto rosso. Il pomodoro secco diventa così per me un profumo nel senso antico della parola: per fumum, come mezzo di connessione con qualcosa di invisibile.

Una citazione filosofica coglie in pieno questo senso, già portato in gran luce da Proust con la sua madelaine, e da Baudelaire in uno dei Fleur du Mal
“nell’odore è custodito il carattere imperituro del passato, l’atmosferico […] Quando d’un passato antico niente sussiste, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, soli, più fragili ma più vividi, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l’odore e il sapore restano ancora per lungo tempo, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sulla rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile l’immenso edificio del ricordo.
da L’aroma del mondo – gusto, olfatto e atmosfere (H. Telenbach)

Radici preziose

Cercando le radici di un’identità, sono tornata indietro nel tempo su questa isola antica in cui regnava una civiltà pacifica, nel rispetto della terra e dell’acqua, in connessione col cielo e l’invisibile: quella nuragica, con i suoi simboli religiosi, i suoi nuraghe e i suoi luoghi di culto, e ho camminato poco più avanti, verso il presente,  incontrando poi i Fenici. Un popolo che, arrivando dal mare e ancora prima dalla terra che è la culla della civiltà odierna, il Libano, è arrivato in Sardegna con il suo carico di ricchezza, materiale e spirituale, lasciando a noi tanti oggetti che testimoniano la loro potente influenza che poi si è fatta dominio. Ma fra tutto quello che ho trovato, i gioielli sono la cosa che mi ha colpita di più.


a sinistra: orecchino in filigrana VII- VI secolo a.c. proveniente da Tharros (OR)
a destra: bracciale con lavorazione in filigrana VII – VI sec. a.c. Tharros (OR)


 Si può parlare di artigianato, ma forse anche di arte vera e propria quando realizziamo che tali oggetti sono stati fatti tra il VII e il V secolo a.C. Molti di questi  sono stati ritrovati in Sardegna, altri in altre città del Mediterraneo, ma senza il minimo dubbio, da qui è nata la gioielleria sarda.
Con orgoglio sardo e fierezza mi soffermo a guardare i dettagli di questa filigrana gialla, oro lavorato con strumenti arcaici, che modellano ornamenti e doni per gli dei, amuleti e oggetti magici.
 Une bellezza immensa, bellezza che possiamo ammirare tutt’oggi nei gioielli della tradizione sarda, ma che acquistano un fascino infinito se si pensa che in realtà sono la replica e l’evoluzione di un’arte più antica di quanto io potessi immaginare. 
Questa scoperta dona ancora più valore a qualcosa che già per me era senza prezzo, ma ora è anche senza tempo. Immortale.


 In alto a sinistra: borchia filigrana del VI – V secolo a.c. proveniente da Tharros (OR.) a destra:
 collana con pendente proveniente da Monte Luna IV secolo a.c.
In basso: anello proveniente da Cartagine VI – V secolo a.c.
Esempi di filigrana sarda moderna
In questa magia di tempi lontani e di arte orafa, non posso non citare un nuovo marchio tutto italiano nel campo della profumeria artistica: Extrait D’Atelier di Chiara Ronzani
Concetto innovativo, design minimale e contemporaneo mettono in risalto arti e mestieri della tradizione italiana, con una linea che entra nelle botteghe artigiane traendone l’essenza.
In questo caso scelgo il mestiere dell’orafo “Maitre Joaillier”, che riporta nelle officine orafe di un tempo, dove l’odore del metallo fuso si mischia alla polvere del pavimento, al caldo della fiamma, al freddo dei metalli duri.


per maggiori info su Extrait D’atelier cliccate qui:

le immagini e le informazioni sui Fenici sono tratte dal libro “i Fenici” edito da Bonpiani.